È la mariosindrome.
Viene solo a Santo Stefano. E meno male.
Mi piglia tutti gli anni. Quando la mattina mi sveglio e mi accorgo che la casa ha estremamente bisogno di elfi mastrolindi, che il bagno ha assunto le sembianze critiche di quelli pubblici della Stazione Centrale nella notte di ferragosto. Per non parlare della cucina che stamattina sembra sia stata investita dall’uragano Katrina.
Allora si parte.
Ore 7 e 30 prima lavatrice che snellisce di qualche kilo il metrocubo di lavabile non lavato accumulato nelle ultime due settimane di intensa attività extrafocolare domestico.
Parte quindi la schiera di neuroni, rigeneratisi durante la notte, alla volta del soggiorno. Ore servono per riordinare. Tra carte imballi, vestiti sciarpe giacconi, scarpe. In mezzo ci sta anche Luigi, micieeeeeettto rosso che se la dorme infilato in una manica del giubbotto lanciato sul divano ieri sera.
Parte poi l’operazione di pulizie di primavera che con l’avvento della menopausa ha subito un notevole anticipo.
A rotazione tutte le stanze subiscono lo stesso trattamento.
La mariosindrome ha la sua massima espressione nel cambio teli, cambio letti, riordino spolvero aspiro e lavo.. non sempre con lo stesso ordine sequenziale.
Solo un intervallo per un breve spuntino e una pausa in cui sono bellamente stramazzata sul letto con gatto sul collo appresso.
Conclusione: la giornata è finita, Santo Stefano se ne è andato e io sono sfinita.
In compenso, la casa è pulita.
Soddisfatta Mario?
L’ultimo neurone va a nanna, il gatto cozza sul collo e domani si ricomincia…
La manualità è una forma di spiritualità